Minatori rocciatori

I minatori rocciatori arrivavano molto presto al mattino per andare a lavorare alla cava del Tommolo. “Vanne a faticà ncoppe ‘o tummene” si diceva. Calzavano pesanti scarponi chiodati e iI rumore dei loro passi cadenzati nel silenzio delle stradine ancora addormentate riempiva l’aria del villaggio alle prime ore del mattino.

Alcuni erano di Erchie ma la maggior parte veniva da fuori, da Maiori, Minori, Cetara. Il loro era un lavoro duro e pericoloso. Salivano sull’alta parete verticale di roccia con la tecnica dell’arrampicata alpina con corde e chiodi di sicurezza. Il lavoro vero e proprio cominciava una volta saliti alla quota dove si dovevano preparare i fornelli o fori di mina.

Agganciati alle corde, sospesi sul vuoto in equilibrio precario su appoggi incerti, i minatori dovevano avere forza fisica e esperienza. Si trattava di creare un foro cilindrico di cinque centimetri, profondo più di un metro, perforando la roccia con mazza e fioretto. Sul dirupo alto oltre cinquanta metri, i minatori lavoravano in coppia: uno manovrava il fioretto, l’altro batteva la pesante mazza di cinque chili. Questa è la tecnica che si usava nei primi anni, poi, con l’avvento di nuova tecnologia, i fori nella roccia furono praticati usando martelli pneumatici. Una volta completato il foro di mina, i minatori vi introducevano la carica di esplosivo, adattavano l’innesco e chiudevano il foro con l’intasatura.

A mezzogiorno in punto si sparavano le mine preparate nella mattinata. Un suono lungo di sirena precedeva le esplosioni per avvertire tutti del pericolo. Siccome non era raro che qualche pietra cadesse in mare, i pescatori che si trovavano vicino gli scogli si allontanavano prontamente. Anche i ragazzi che giocavano o facevano il bagno tuffandosi dagli scogli, al suono della sirena correvano al riparo in qualche anfratto gridando “sparano ‘e mine”. Qualche minuto dopo l’avvertimento, cinque o sei mine venivano fatte esplodere in rapida successione. Grossi pezzi di roccia cadevano sull’ampio spiazzo alla base della cava e una nuvola di polvere veniva trasportata dal maestrale verso la spiaggia e le case del paese. Un secondo suono di sirena avvisava del fine pericolo.

Dopo la pausa pranzo, all’una si riprendeva le stesso ciclo: arrampicata in parete, preparazione dei fornelli, carica dell’esplosivo e, infine, alle cinque in punto, per concludere la giornata lavorativa, suono della sirena e solita salva di esplosioni.