Buongiorno Ida. Dopo le notizie storiche della famiglia Amabile fornite da Laura tocca a te grattare il fondo del barile alla ricerca dei tuoi ricordi della famiglia De Bonis.
Sai dirmi qualcosa sulle origini della famiglia De Bonis?
Credo che il primo De Bonis che si è stabilito a Erchie sia stato Vincenzo. Era di Cava, faceva il postino ed è così che conobbe e sposò Cristina Cretella. Vincenzo si trovò bene a Erchie tanto che fece trasferire da Cava anche il fratello Antonio, mio nonno.
Quindi i De Bonis sono originari di Cava dei Tirreni?
Sì, anche se non so dirti se a Cava ci siano oggi dei De Bonis … quanto meno noi non abbiamo rapporti con parenti cavesi.
Non sei in grado di risalire più indietro di tuo nonno Antonio?
Non ho ricordi del mio bisnonno cioè il papà di Antonio e Vincenzo … si chiamava Federico, credo, perché questo nome di battesimo è molto riproposto nei discendenti.
Possiamo dire che i De Bonis sono arrivati a Erchie intorno all’inizio del 900?
Penso di sì. Di sicuro quando c’è stato l’alluvione del 1910, mio nonno Antonio e il fratello Vincenzo erano a Erchie.
Hai detto che Vincenzo lavorava nelle poste e che si era sposato con Cristina. Quanti figli hanno avuto?
Vediamo se mi ricordo: c’era Federico, unico maschio, poi Maria, Antonietta, Ida, Carmela, Lidia.
Ho anch’io il ricordo delle signorine De Bonis. Nella casa sulla spiaggia, di lato a quella di don Ciccio, abitavano l’anziana mamma, quattro sorelle e il nipote Lucio. Mi ricordo in particolare la signorina Antonietta, insegnante a Cetara, che ha avuto molta influenza nella mia formazione morale e religiosa. Frequentavo la loro casa perché la signorina Antonietta preparava me e Lucio all’esame di ammissione alle scuole medie. Ricordo anche la signorina Maria, ‘zia bella‘, come la chiamava Lucio, che dirigeva l’ufficio postale di Erchie. Aveva evidentemente ereditato il posto del padre. Ma torniamo a tuo nonno Antonio. Cosa mi puoi raccontare del vecchio Tatonne?
Aveva un carattere intraprendente e avventuroso. Si dice che ancora giovane un bel giorno sia andato al porto di Salerno per imbarcarsi sulla prima nave in partenza. E così che arriva in Sudamerica dove si invaghisce di Rosa Vighiero, una giovane cilena. I due si sposano e tornano a Erchie dove aprono una bottega o per meglio dire un emporio dove si compra di tutto. Nonno Antonio era intraprendente anche negli affari. Periodicamente andava con un battello, via mare, in Cilento per caricare le derrate alimentari che non si trovavano in costiera come olio, grano, farina. Non riforniva solo i pochi abitanti di Erchie ma vendeva i prodotti del Cilento anche a Cetara e Maiori.
Accanto all’emporio c’era anche un’osteria con qualche tavolo dove si poteva mangiare?
Sì, in effetti è così. A quei tempi i turisti erano pochi ma mio nonno era sempre pronto ad offrire ai rari visitatori un piatto a base di pesce o una semplice frittura.
A questo proposito c’è un breve racconto del poeta salernitano Alfonso Gatto che parla di un’escursione via mare fino ad Erchie. Nel racconto viene ricordato un gesto molto bello di tuo nonno Antonio.
Credo che sia il caso di riportare lo scritto integrale:
“In quell’insenatura il mondo taceva come per incanto, la spiaggia di ghiaia bianca, l’acqua del mare verdissima e chiara sugli arenili. Poche voci tra le pergole dei giardini d’agrumi. In fondo alla valletta verde dell’insenatura, sotto lo strapiombo della strada costiera c’era una piccola osteria, una stanza. C’era pronto un piatto di aguglie fritte, quei pesci lunghi col becco e la spina verdissima, tenuti al fresco con l’aceto e la mentuccia. Una bottiglia di vino nero. Ritornavamo sulla spiaggia, infilavamo la bottiglia nella ghiaia dove batteva la maretta. Mangiavamo con le mani quel pesce odoroso e silvestre, bevevamo quel vino asprigno. Eravamo felici, parlando delle nostre speranze, dei nostri timidi amori. La notte rimaneva sempre chiara. Bevendo e bevendo, parlando e parlando, una notte ci capitò d’addormentarci. Ci risvegliammo che l’aurora tingeva il cielo di rosso. L’oste, prima di andare a letto, ci aveva coperto col tappeto dell’unico tavolo della sua osteria. Questo per me è Erchie”.
Bellissimo il gesto dell’oste, di tuo nonno, che evidentemente oltre ad essere intraprendente e avventuroso, aveva un animo gentile. Quanti figli hanno avuto Antonio e Rosa?
Tre figli: Federico, mio padre, zia Edelvina e zia Esilde.
Tuo padre Federico, in quanto unico maschio, ha continuato l’attività commerciale di tuo nonno.
Sì, infatti ha continuato a tenere la bottega e si è allargato sull’altro lato del fiume, dopo il ponticello, con il ristorante ‘da Federico’.
Il mio ricordo di tuo padre Federico è legato ad un cane vecchio e malandato che morì e venne seppellito nel ‘muntone’, la montagna di brecciame sotto la cava, dove adesso c’è il Piennolo. Ricordo anche l’ottima pizza che il ristorante ‘da Federico’ sfornava a tutte le ore. A volte, terminato il lavoro come cameriere allo chalet Arcobaleno, verso le due di notte, mi facevo una pizza da Federico e, sulla spiaggia, da solo, me la godevo piegata in due con rapidi morsi famelici con l’olio che colava da tutte le parti.
In quel periodo il ristorante rimaneva aperto fino a tardi e qualche volta, da bambina, io mi addormentavo sul mucchio delle tovaglie. In quegli anni il ristorante ‘da Federico’ era molto conosciuto ed apprezzato. Le sue specialità erano i piatti con frutti di mare, oltre alle fritture di pesce azzurro e la pizza, ovviamente. Ricordo che le cozze, per averle sempre fresche, erano messe in un sacco di iuta e calate in mare vicino alla fontana del tommolo. Con grande sorpresa una volta il sacco fu trovato vuoto: le cozze erano state rubate o il sacco si era aperto accidentalmente? La risposta ancora non si conosce.
E’ stato tuo padre Federico ad ottenere la concessione per il “Lido Edelvina” e lo chalet “Arcobaleno”?
Sì, infatti Federico aveva preso dal padre quell’intraprendenza che poi si ritrova, fino ai giorni nostri, come eredità genetica nei miei cugini.
Veniamo alla famiglia di Federico. Quanti fratelli eravate?
Eravamo in quattro: Antonio, Rosa, Vincenzo e io Ida. Antonio, Tatonno junior, ha avuto Paride e Federico, mentre Vincenzo, Ciniello, sposato con Alda ha avuto Antonio, Pietro,(attuali gestori del lido Edelvina) e Laura.
Ricordo che da bambino avevo in considerazione ed invidiavo Ciniello perché possedeva una bicicletta ed andava avanti, indietro sulla costiera. Mi ha raccontato che usava la bicicletta con un porta-pacco per andare a fare approvvigionamenti per la bottega del padre a Vietri e Maiori. Ma veniamo a noi. Come è stata la tua infanzia e adolescenza a Erchie?
Crescere ad Erchie, non solo per me ma per tutti quelli che hanno avuto la fortuna di crescere qui, è stata un’esperienza meravigliosa, molto formativa dal punto di vista umano.
Sei andata da Erchie via quando ti sei sposata. Hai avuto una figlia, Federica e, da qualche anno, sei tornata a Erchie. Se tu avessi la bacchetta magica cosa cambieresti a Erchie? Puoi cambiare una sola cosa!
Non cambierei quasi niente, però mi piacerebbe che ci fosse più spirito di collaborazione tra gli abitanti di questo paese in modo da valorizzarlo sempre di più.